NATALE COL MIO ANGELO CUSTODE
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Il sasso messaggero
Giacomo tese la fionda e lanciò il sasso verso la pancia della nuvola più bianca che cera in cielo. Il sasso era grane quanto una noce ma, man mano che si allontanava, diventava come la più minuscola delle macchie di un dalmata.
- "Dài, in alto, più in alto!", urlava il bambino a gran voce. Se non fosse stato per la legge di gravità, quel sasso avrebbe potuto forare la nuvola da parte a parte e infrangere il parabrezza di qualche navicella spaziale. Che spavento per gli astronauti! Ma ci mise di più Giacomo a perdersi in tali fantasie che quel mini-proiettile a ricadere sulla terra.
Era il 24 dicembre. Come ogni anno, Giacomo, un ragazzino sorridente e irrequieto come uno scoiattolo, lanciava il più in alto possibile un breve messaggio che aveva scritto a Gesù Bambino. In effetti, il giorno prima aveva trascorso l'intero pomeriggio a incidere le parole, come uno scultore egizio, su di un sasso che aveva scelto tra i più lisci e chiari di un vicino ruscello.
Giacomo si appoggiò alla ringhiera della terrazza di casa e cercò di indovinare dove fosse caduto il sasso. Era difficile perché tra lui e quel punto indefinito si estendevano il giardino di casa sua, il viale che porta in paese, un pendio, il ruscello e una macchia di castagni. Il bambino semplicemente fissò lo sguardo in quella direzione, fece un gesto di saluto e ripose la fionda nella tasca posteriore.
- "Hai già spedito il messaggio?" gli domandò la sua sorellina, Sofia, affannata dopo aver salito le scale di corsa. La risposta era ovvia, dal momento che suo fratello aveva appena rinfoderato l"'arma".
- "Perché non mi hai aspettato! Volevo vederti!".
Perché Sofia ci teneva a vedere suo fratello lanciare quel sasso? Non tanto per curiositù da sorella minore, perché gliel'aveva visto fare centinaia di volte e sapeva che, per la sua mira infallibile, Giacomo non aveva rivali tra i bambini del paese. La ragione era che Giacomo le aveva confidato che, se Gesù Bambino avesse letto il suo messaggio, sarebbe accaduto qualcosa di straordinario. E tutti sanno quanto siano allettanti le sfide per i bambini.
- "Fin dove è arrivato il sasso?", domandò Sofia, guardando in cielo e coprendosi gli occhi con una mano per ripararsi dal sole.
- "In alto, molto in alto! Fino a quella nuvola!", le rispose Giacomo indicando quella che aveva scelto, la cui pancia era ancora tonda e brillante.
- "L'hai colpita?".
- "Certo! Non vedi che ha un buco in mezzo?".
Si poteva dubitare che la fionda di Giacomo fosse tanto stroordinoria, ma lui non credeva di esagerare sulla portata del suo tiro. Il suo cuore palpitava ancora per l'emozione di aver lanciato il suo messaggio di Natale a Gesù Bambino.
Giacomo e Sofia scesero le scale a due a due, mentre la mamma, intenta a badare ai fratelli più piccoli, raccomandava loro di fare attenzione.
- "Mami, Giacomo ha appena lanciato il messaggio a Gesù Bambino", le sussurrò Sofia all'orecchio. La signora sorrise e abbrocciondoli si limitò a dire:
- "Sono molto contenta. Ne sarò felice, ma ricordatevi che Gesù Bambino non sa ancora leggere. Sarà la sua mamma, la Vergine Maria, a leggergli il messaggio".
Poco dopo, Giacomo correva a tutta velocitù sulla sua bicicletta verso il paese. Voleva vedere come proseguivano i preparativi per il Natale in casa dei suoi amici, in piazza e in parrocchia. Avrebbe ricevuto notizie di prima mano, perché i suoi migliori amici erano Fernando, figlio del sindaco, Gerardo, cugino del padrone del negozio di giocattoli, Alfonso, figlio della preside, Marco, figlio del campanaro e Bartolomeo, nipote di Don Andrea, il parroco.
Arrivando sul ponte di legno che attraversava il ruscello, Giacomo fermò la bicicletta. Messo giù un piede, guardò verso il bosco ed ebbe la certezza di aver lanciato il suo sasso più lontano dell'anno precedente. Si stava bene all'aperto e Giacomo senti l'impulso di addentrarsi un poco fra gli alberi. Non pensava di poter trovare il sasso, anzi, giustamente voleva essere sicuro di non trovarlo, a conferma del fatto che il suo messaggio era stato ricevuto lassù, in cielo.
Deciso, girò il manubrio e lasciò il sentiero che portava in paese. Subito dopo il ponte c'era un sentiero che si addentrava nel bosco, ricoperto da un tappeto di morbide foglie. Giacomo avanzò. Arrivò fino a un lieve pendio, scese dalla bici e l'appoggiò ai piedi di un albero da cui pendevano ancora alcune corde che aveva legato, giorni prima, insieme ai suoi amici. Diede uno sguardo per intravedere a malapena casa sua e calcolò la traiettoria che presumibilmente il sasso aveva seguito.
Giacomo prese a canticchiare una canzoncina natalizia. Il sole filtrava tra i rami degli alberi e qualche uccelletto cinguettava allegramente. Si soffermò a osservare un paio di scoiattoli che scorrazzavano sul tronco di un rovere centenario. Erano senza dubbio Romeo e Giulietta. Li aveva bottezzati così la prima volta che li aveva visti, e da allora era solito portargli un po' di noccioline e biscotti. Gli scoiattoli si fermarono e lo fissarono. Il bambino mise la mano in tasca, frugò a fondo e riuscì a trovare un paio di noccioline. Furono una gustosa merenda
Seguendo il sentiero giunse ad una radura; giudicò che il suo messaggio poteva essere atterrato da quelle parti. Si chinò e cominciò a cercare sul terreno attorno, interamente ricoperto da foglie secche, rami e funghi e qualche lumaca vi si aggirava senza timori. In quel momento senti una deliziosa melodia, alcune note di flauto dolce, che resero più magica l'atmosfera del bosco. Il bambino si girò su se stesso per vedere chi era che stava suonando e vide avvicinarsi un giovane, vestito di bianco, il quale smise subito di suonare e con un inchino lo salutò.
La grotta della natïvità
"Ti piace il suono del flauto?" chiese a Giacomo quel giovane, con una voce che pure sembrava provenire da uno strumento, tanto era delicata e musicale.
- "Si, mi piace", rispose timidamente Giacomo, mentre lo scrutava dall'alto in basso. Il giovane sembrava fatto di aria brillante e le sue vesti, ampie come tuniche, ondeggiavano mosse da un vento che il ragazzino non percepiva.
- "Non temere Giacomo".
A dire il vero, il bambino non era spaventato, ma sorpreso. Gli chiese: - "Chi sei?".
Il giovane gli sorrise benevolmente, come un amico che, presentatosi all'improvviso, non viene riconosciuto.
- "Forse è meglio se prima rispondi tu ad una mia domanda". Giacomo annuì e placò la sua curiositù. Sì, qualcosa gli disse che era più importante sapere qual era la ragione di quell'incontro: forse quel giovane era lì perché era stato mandato da Qualcun altro, e allora sarebbe stato meglio saperne di più.
- "Cosa vuoi sapere? Credo che tu ne sappia più di me".
Il giovane parve lieto di sentire parole così piene d'umiltà e, facendo un passo avanti, gli disse: - "Giacomo, vuoi fare adesso quello che hai scritto con tanto amore a Gesù Bambino?".
Il bambino chiuse gli occhi e la sua memoria lo portò al pomeriggio precedente, a quel sasso che ruotava tra le sue dita come un mondo in miniatura. Le parole che aveva inciso mandavano bagliori dorati. Quell'immagine nella sua mente era così nitida e chiara che per un momento dubitò che si trattasse solo di un ricordo. Aprì gli occhi e si rese conto che il giovane era ancora lì, di fronte a lui. No, non era un'illusione.
- "Allora, il tuo silenzio è un sì?", chiese il giovane. - "Sì, va bene", rispose Giacomo.
Appena le sue labbra pronunciarono quel decisivo "sì", sentì che il vento che agitava le vesti del giovane ora giungeva fino a lui. Era come una dolce carezza che iniziò ad avvolgerlo tutto. Il giovane lo prese per mano e insieme si alzarono in volo. Quella era una sensazione che Giacomo aveva provato solo nel mondo dei suoi desideri. In un batter d'occhio stavano già arrivando alla bianca e rotonda pancia della nuvola sua "amica". Ma, quando Giacomo fece per toccarla, iniziarono una rapida discesa, come un'aquila rapace. Stranamente il bambino non sentì lo stomaco arrivargli in gola, come succede sulle montagne russe. Al contrario, il vento continuava a mulinare intorno a lui, delicatamente, come se viaggiassero in una bolla d'aria condizionata. Giacomo intuì che quel giovane si muoveva portando con sé un pezzo di cielo.
Toccarono terra in campo aperto, vicino ad alcune case semplici, costruite con mattoni e paglia, e appena imbiancate da una mano di calce. Certo, era curioso di sapere dove si trovavano, ma Giacomo aveva ancora una domanda in sospeso.
- "Senti, tu sei un angelo, vero? ... E ce l'hai un nome o ti chiami solo 'angelo'?".
Dal momento che si trovavano in piena missione, quel giovane non poteva non rispondere:
- "Sì, sono un angelo. Scusa se non ti ho detto prima il mio nome, ma è che mi piace come mi chiami tu".
- "Ah, sei Angioletto?".
La differenza tra "un angelo" e "Angioletto" non era esclusivamente nel diminutivo. Per Giacomo "angeli qualsiasi" erano quelli che vedeva raffigurati nei libri di religione, nelle bibbie illustrate o negli affreschi della parrocchia. Ma Angioletto era e solo poteva essere il suo angelo custode, quello della preghiera quotidiana che dice: «Angelo di Dio, che sei il mio custode...».
Il ragazzino, felice, lo abbracciò. Cosa si prova ad abbracciare un angelo? ... Un giorno lo chiederemo a Giacomo.
- "Sai, io pensavo che tu avessi la mia stessa età. Come potevo riconoscerti?".
- "Hai ragione, Giacomo, sono un po' più 'grande' di te, per poterti servire meglio. Comunque, sappi che per noi angeli non contano né l'età né la statura, perché non abbiamo nessuna delle due. La figura di me che i tuoi occhi vedono ora, è quella che Dio ha pensato adeguata per permettermi di incontrarti".
Il ragazzino capì, ma non del tutto. A undici anni tutte le cose erano semplicemente belle, perché Giacomo le accettava con amore.
Fu allora che Angioletto gli mostrò una grotta che si apriva ai piedi di un monte. Il bambino non l'aveva notata prima, e rimase stupito perché non ricordava ci fossero grotte nei pressi del suo paese.
- "Giacomo, siamo arrivati alla Grotta della Natività. Ci aspettano".
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